IL CATWOMAN DEI SALAMI

IL CATWOMAN DEI SALAMI

Chi l’avrebbe mai detto che un fumetto della DC Comics del 1940 potesse mai vestire i panni di metafora nel racconto della storia di un salame.
Sia chiaro, è fin troppo facile per gente come noi dare dell’eroe a un insaccato, ma non è questo il punto, non questa volta.

Il punto è che, come Catwoman, il salame di Felino ha ottenuto i superpoteri solo dopo esser stato salvato da un annegamento. Se da una parte a salvare Seline Kyle (Catwoman) sono stati dei felini, dall’altra ci hanno pensato i felinesi; se da una parte la famosa eroina annegava nell’oceno, dall’altra il salame annegava nel sugo, della Salama da Sugo per l’appunto. Ricetta gloriosa, certo, ma sapida in modo così violento da mutare drasticamente le note dei tagli pregiati di carne e dei condimenti che fanno del salame di Felino uno degli insaccati più stimati dello stivale.

Il pluricentenario insaccato dunque, nel 1500, è stato estratto dal suo sugo, raggiungendo la sua più nobile versione di se: crudo e affettato, dolce e morbido, fresco e profumato. Il risultato inevitabile di una stagionatura meticolosa, che gode di soffi umidi della brezza di cantine rigorosamente del parmigiano, non un ciuffo d’erba più in la.
In tanti ne hanno scritto e parlato, ha attraversato la storia del mondo passando da ricetta contadina a merce ambita, da salame a status simbol. Eh sì, perché la ricetta prevede il pepe, e prima della scoperta delle Americhe, tra gli insaccati, la storia ci insegna che il tormentone era “ma ndo vai se dentro il pepe non ce l’hai ?”. Sorpassava in pregio e costo culatelli e prosciutti di ogni genere; immancabile nelle dispense dell’aristocrazia, anche perché erano gli unici a potersi permettere di gustarlo, e vero e proprio vanto della cucina tricolore, al punto che il marchese di Felino Guillame du Tillot, ministro riformatore di Ferdinando di Borbone, non permetteva mai che sulla sua mensa mancassero alcune fette di quello buono, bagnato dal vin bianco di Felino, prodotto sui colli vicini dal conte Del Becco.

Un salame così buono da diventare un vanto tale che il marchese, per farlo conoscere nel suo paese d’origine, con benevola ironia affermò “voilà je suis marquis d’un pais de saucisson” (ecco, sono marchese di un paese di salami).
Per chiudere, che non sia un salame di gatto è assodato, ma se tra i salumi c’è Catwoman, di sicuro sappiamo chi si nasconde sotto la maschera.

testi di Andrea Silenzi