LA STORIA DELL'ELISIR DI S.MARZANO BORSCI

LA STORIA DELL'ELISIR DI S.MARZANO BORSCI

Spulciando tra le bottiglie che fanno da quinta teatrale al bancone di un bar, ne potreste individuare una gialla, con il marchio di un’aquila a due teste e la scritta Specialità orientale: è la bottiglia dell’Elisir di San Marzano Borsci, un amaro prodotto in provincia di Taranto dal 1840, data che gli vale il primato di liquore del Sud Italia più antico ancora in commercio.

 

L’aquila bicipite è uno dei simboli araldici più famosi e diffusi: è stato l’effige dell’Impero Bizantino per circa 200 anni, era il blasone della famiglia dei Romanov ed è stato ereditato dalla bandiera presidenziale della Russia. È nello stemma della città di Belgrado, della Serbia e del Montenegro, ma - ed è la cosa più importante per la nostra storia - campeggia nera su sfondo rosso, nella bandiera dell’Albania.

L’origine dell’Elisir di San Marzano, sebbene sia prodotto a Taranto, infatti affonda le sue radici nel Medioevo e nel Caucaso, dove viveva la famiglia Borsci. Da lì a causa della crescente instabilità politica della zona, parte dei suoi membri si sposta in Albania, a Borsh nel comune di Himara. Qui, intorno alla prima metà del XV secolo, anche i Borsci, come gran parte degli albanesi dei loro tempi, subiscono il fascino del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg e decidono di unirsi al principe che guidò i suoi connazionali nella difesa dell’Europa dall’invasione turco-ottomana

 La sua storia sembra quella di un film: da bambino venne rapito dagli emissari del sultano Murad II il Grande per punire l’insurrezione del padre. Educato alle armi alla corte di Costantinopoli, entra nelle grazie del sultano finché non decide di ribellarsi e si rifiuta di combattere contro una coalizione di eserciti cristiani che avevano conquistato la Serbia. In un momento di vuoto di potere Skanderbeg riunisce i principi albanesi sotto il suo comando e il 28 novembre del 1446, alla guida di 300 uomini, conquista il Castello di Kruje e vi innalza la bandiera della sua famiglia: un’aquila a due teste nera su fondo rosso che da quel momento diventa la bandiera dell’Albania.

Per i 25 anni successivi il condottiero continua a difendere l’Europa dall’impero Ottomano - imprese che gli valgono il soprannome di Atleta di Cristo e Difensore della Fede -  finché Ferdinando I d’Aragona non lo invia in Italia a reprimere le rivolta dei signorotti locali nel Regno di Napoli e Sicilia. Il premio per la missione compiuta gli regala terreni in Sud Italia dove suo figlio, tra Puglia, Lucania e Calabria, fonda delle colonie albanesi. Sono le coloniei degli arbëreshë, gli albanesi d’Italia, che ancora oggi hanno la loro lingua, i loro, le loro feste e le loro tradizioni.

Ma una volta capito che cosa ci fa una famiglia albanese in Puglia, facciamo un salto di qualche secolo. Siamo nel 1840 e il capofamiglia Giuseppe Borsci decide di recuperare e perfezionare una ricetta a base di erbe dei suoi avi del Caucaso. La produzione artigianale diventa ben presto più strutturata (nel XX secolo) in una distilleria nel quartiere Paolo VI di Taranto e negli ‘80 il liquore viene promosso in tutta Italia grazie a una campagna di comunicazione nazionale.

Nel 2009 la morsa della crisi del 2008 si fa sentire e l’azienda passa due volte di proprietà fino al fallimento dichiarato 3 anni più tardi. Nel 2013 la Distilleria Caffo, che tra gli altri produce anche l’Amaro del Capo e il Petrus, affitta il ramo d’azienda e nel 2017 diventa proprietaria del marchio. Con l’intervento della Caffo l’Elisir di San Marzano continua a essere distillato grazie anche al supporto degli eredi Borsci che custodiscono, da quasi due secoli, la loro ricetta orientale.

Vi lasciamo con una dritta: provarlo sul gelato.

 

Testo di Gian Mario Bachetti - Immagini via www.borsci.com