Il Bellini, tono su tono.

La pittura tonale è una tecnica con la quale i pittori del ‘500 iniziano a eliminare l’uso del disegno: tono su tono si sfumano i contorni delle figure che vengono come assorbite dagli ambienti, impastate di luce. Nasce a Venezia ed è il segno distintivo di questo altro Rinascimento, diverso da quello fiorentino, alle cui line prospettiche oppone scenografie che sembrano quasi fondersi con persone e oggetti.

Il trend setter della corrente, detta anche “atmosferica”, è Giovanni Bellini a cui nel 1948, in una Venezia che vuole scrollarsi di dosso le macerie della Seconda Guerra Mondiale, è stata dedicata un’esposizione a Palazzo Ducale. A pochi passi da quella che nel massimo dello splendore economico e culturale della città era la casa del Doge, c’è l’Harry’s Bar, un posto alle cui origini storia e mito si fondono proprio come nei dipinti allegorici del Rinascimento veneto. Lo gestisce Giuseppe Cipriani che è anche il capo barman.

Nel 1927, nell’albergo in cui lavorava, era ospite un’anziana signora accompagnata dal nipote, Harry Pickering. Le loro vacanze terminano in modo inaspettato: la signora, in Italia per curarsi dall’alcoolismo, torna negli USA lasciando il giovane Harry – con cui ha litigato – a Venezia da solo e senza una lira. Giovanni allora lo aiuta prestandogli 10.000 lire. Quando nel 1931 Pickering torna a Venezia gliene restituisce 40.000. È l’investimento che permette a Cipriani di comprare un fondo in una strada al tempo senza uscita al lato del Canal Grande che diventa il suo bar, o meglio: l’Harry’s Bar, in onore del benefattore americano.

È qui che in occasione della mostra di Giovanni Bellini del 1948, Giuseppe Cipriani inventa un cocktail a base di prosecco e purea di pesche bianche: il frutto estivo tono su tono colora il giallo del prosecco di un pantone rosa che al barman ricorda la stoffa della toga indossata da un santo dipinto dal pittore. Il nome del cocktail è scritto, si chiamerà Bellini.

Come nella migliore tradizione della pittura tonale, le sue bollicine e il suo rosa dipingono il flûte in cui viene dogmaticamente servito e danno un colore nuovo all’arredo e agli ospiti dell’Harry’s Bar: Ernest Hemingway e Orson Welles, Katherine Hepburn e Gary Cooper, Peggy Guggenheim, Frank Lloyd Wright, Joe di Maggio e Truman Capote diventano un tutt’uno con i tavoli in legno e gli sgabelli alti al bancone, con le luci calde che accarezzano gli arredi, con Piazza San Marco, con le calli, le gondole, trasformando un cocktail estivo e un bar acquistato grazie a un litigio tra nonna e nipote, in un’icona dello stile italiano.

WORDS BY GIANMARIO BACHETTI